La formazione dello Stato come processo di secolarizzazione, Ernst Wolfgang Bockenforde

“Lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non può garantire”.

La tesi, altrimenti definita, come il “paradosso” e/o il “dilemma” di Bockenforde, viene per la prima volta formulata nelle pagine di questo breve saggio del 1967.

 L’Autore, forse il più noto studioso di diritto costituzionale di nazionalità tedesca,  sostiene come il concetto di Stato non sia un concetto valido in generale, ma che sia il frutto di un duplice lento processo storico avvenuto in Europa a partire dal Tardo Medioevo.

 Da un lato, a detta di Bockenforde, lo Stato è il prodotto di un processo di concentrazione del potere politico (dal potere feudale di più famiglie nobiliari sino ad una unica Casa Reale) ma, risulta essere, altresì, il risultato del processo di differenziazione del potere temporale dal potere spirituale, attraverso il quale il potere politico si è reso autonomo dal potere ecclesiastico.

 

Questo processo di secolarizzazione (ben scandagliato da Paolo Prodi – vedi altra recensione presente sul sito, ndr.) ha le sue radici nella lotta per le investiture di epoca medievale; passa poi per l’istanza di pace sociale garantita dallo Stato nel periodo delle guerre di religione; trovando infine il suo apice con la costituzionalizzazione della libertà di fede e religione in seno alla Rivoluzione Americana e Francese.

 Tracciato questo lungo excursus storico – qui necessariamente sintetizzato per sommi capi – Bockenforde giunge alla seguente conclusione: se lo Stato ha potuto affermarsi come strumento di pacificazione riconoscendo progressivamente ai propri cittadini il diritto ad orientare liberamente le proprie coscienze, il medesimo Stato non può che “correre il rischio” che la propria base spirituale resti affidata alla libertà dei medesimi e, per rispetto di essa, ne deve necessariamente accettare i rischi connessi.

 In realtà, come ha recentemente precisato il medesimo Bockenforde, con la tesi in oggetto ha inteso sottolineare che se è sì vero che lo Stato liberale non possa “garantire” e “creare” i propri presupposti, con ciò non deve intendersi che non possa e/o debba attivarsi per proteggere e sostenere i detti presupposti fondanti.

 Non potendosi infatti ritenere che la “neutralità” dello Stato possa essere intesa come assenza di contenuti o mero insieme di procedure, l’ethos dello Stato, secondo il pensiero di Bockenforde, come ben indicato dal curatore del libro Michele Nicoletti, non può che fondarsi: “su un nucleo profondo di decisioni politiche che attengono alla forma stessa di vita di una comunità politica nella sua essenza più profonda e che non possono essere affidate ai giochi delle maggioranze variabili”.

Editrice Morcelliana, 2006,  Pagg. 71